OMAGGIO A SALVINO MARSURA
"
Video di Paolo Cecchetto
Video di Paolo Cecchetto
Da un'idea di Ivano Sartor, con il contributo di Daniel Buso e Eugenio Manzato
OMAGGIO A SALVINO MARSURA
Salvino Marsura inizia giovanissimo negli anni ’50 per dare vita ad un corpus di opere che comprendono sculture di piccole e grandi dimensioni, mobilia di vario genere ed elementi architettonici. La sua attività può essere agevolmente allineata alle posizioni di alcuni mostri sacri della forgiatura trevigiana ed internazionale come Toni Benetton, eppure Marsura possiede alcune proprie specificità.
Innanzitutto per una componente che definirei carnevalesca. Le installazioni di Salvino, oltre ad alcune sue preziose opere di piccolo formato, inebriano visivamente chi vi si accosta per la loro esuberanza cromatica, primo elemento di fascinazione. L’artista non si serve del colore come di un accessorio superficiale ma lo intende come materia prima insostituibile alla pari del ferro. Sembra così che la materia composta da cangianti pigmenti sia sferzata, battuta, manipolata a caldo per costituire una patina di forme che amplificano il messaggio dell’opera.
Colore e materia si sostengono nel dar vita a forme che lambiscono i confini dell’astrazione ma si mantengono ancorati ad una dimensione figurativa grazie alle preziose “didascalie” fornite dall’autore. Con candore inusuale Marsura, infatti, etichetta le sue composizioni di ironiche definizioni. Una struttura composta da elementi lineari in ferro e catene diventa così una “modella che si fa la doccia”: metafora di vanità. Oppure un vortice di materia grigia circolare con alcuni elementi acuminati si trasforma ne “l’uccello che fece il giro del mondo”. Con simili descrizioni dal tono naif, l’artista dipinge con le parole ciò che ha scolpito sostenendo l’interpretazione critica delle sue composizioni ed impedendo la rischiosa deriva sofistica di chi si accinge a categorizzare i suoi pezzi.
Marsura infatti è profondamente attuale e la sua arte, seppur materica e perlopiù informale, intende lanciare dei messaggi ed ambisce ad essere sempre descrittiva di alcuni fenomeni del mondo. Dall’Amore, alla politica italiana, dalla guerra all’intrattenimento (come il ciclismo); diversi campi della cultura e della società umana, oltre che emozioni e passioni, affollano le sue opere lasciando al tempo stesso un ampio margine d’azione allo spettatore che può ogni volta costruire significati imprevisti.
Le opere di Salvino iniziano dal duro lavoro nell’officina che si presenta ricolma di strumenti del mestiere e materiali appena abbozzati. Da qui prende vita tutto. Opere concettuali in cui tuttavia l’elemento filosofico sembra superfluo, per lasciare invece spazio ad una narrazione di piccoli momenti quotidiani a cui qualcun altro può dare una dimensione assoluta. L’essenziale, il definitivo, non è ciò che interessa al nostro scultore, maggiormente impegnato a lasciarsi incantare da ciò che vede tutti i giorni: sia esso il campanile di Caorle, il battito d’ali di un uccellino o il discorso di un politico visto alla televisione. Tutto quello che circonda la vita di Marsura viene assorbito dall’artista, metabolizzato e in seguito riconvertito in una materia fluida e visivamente eloquente. Di fronte ad un chiassoso impasto materico sferzato da vibrazioni di colore rosso sulla superficie, Marsura afferma: “questo è il nostro viaggio da Conegliano a Treviso, fermandoci a bere un’ombra in ogni osteria”. L’ironia è un punto imprescindibile del suo operare, un desiderio di non prendersi troppo sul serio al fine di non bloccarsi in qualche ideologia ma poter continuare ad assorbire, metabolizzare e riconvertire in arte tutto, senza irrigidimenti concettuali.
Daniel Buso
Innanzitutto per una componente che definirei carnevalesca. Le installazioni di Salvino, oltre ad alcune sue preziose opere di piccolo formato, inebriano visivamente chi vi si accosta per la loro esuberanza cromatica, primo elemento di fascinazione. L’artista non si serve del colore come di un accessorio superficiale ma lo intende come materia prima insostituibile alla pari del ferro. Sembra così che la materia composta da cangianti pigmenti sia sferzata, battuta, manipolata a caldo per costituire una patina di forme che amplificano il messaggio dell’opera.
Colore e materia si sostengono nel dar vita a forme che lambiscono i confini dell’astrazione ma si mantengono ancorati ad una dimensione figurativa grazie alle preziose “didascalie” fornite dall’autore. Con candore inusuale Marsura, infatti, etichetta le sue composizioni di ironiche definizioni. Una struttura composta da elementi lineari in ferro e catene diventa così una “modella che si fa la doccia”: metafora di vanità. Oppure un vortice di materia grigia circolare con alcuni elementi acuminati si trasforma ne “l’uccello che fece il giro del mondo”. Con simili descrizioni dal tono naif, l’artista dipinge con le parole ciò che ha scolpito sostenendo l’interpretazione critica delle sue composizioni ed impedendo la rischiosa deriva sofistica di chi si accinge a categorizzare i suoi pezzi.
Marsura infatti è profondamente attuale e la sua arte, seppur materica e perlopiù informale, intende lanciare dei messaggi ed ambisce ad essere sempre descrittiva di alcuni fenomeni del mondo. Dall’Amore, alla politica italiana, dalla guerra all’intrattenimento (come il ciclismo); diversi campi della cultura e della società umana, oltre che emozioni e passioni, affollano le sue opere lasciando al tempo stesso un ampio margine d’azione allo spettatore che può ogni volta costruire significati imprevisti.
Le opere di Salvino iniziano dal duro lavoro nell’officina che si presenta ricolma di strumenti del mestiere e materiali appena abbozzati. Da qui prende vita tutto. Opere concettuali in cui tuttavia l’elemento filosofico sembra superfluo, per lasciare invece spazio ad una narrazione di piccoli momenti quotidiani a cui qualcun altro può dare una dimensione assoluta. L’essenziale, il definitivo, non è ciò che interessa al nostro scultore, maggiormente impegnato a lasciarsi incantare da ciò che vede tutti i giorni: sia esso il campanile di Caorle, il battito d’ali di un uccellino o il discorso di un politico visto alla televisione. Tutto quello che circonda la vita di Marsura viene assorbito dall’artista, metabolizzato e in seguito riconvertito in una materia fluida e visivamente eloquente. Di fronte ad un chiassoso impasto materico sferzato da vibrazioni di colore rosso sulla superficie, Marsura afferma: “questo è il nostro viaggio da Conegliano a Treviso, fermandoci a bere un’ombra in ogni osteria”. L’ironia è un punto imprescindibile del suo operare, un desiderio di non prendersi troppo sul serio al fine di non bloccarsi in qualche ideologia ma poter continuare ad assorbire, metabolizzare e riconvertire in arte tutto, senza irrigidimenti concettuali.
Daniel Buso