"Andy approfondì il suo rapporto intenso con la madre che manterrà per tutta la sua vita."Andy Warhol, nome d’arte di Andrew Warhola, nacque il 6 ottobre 1928 a Pittsburgh, Pennsylvania, terzo figlio di Ondrej e Julia Warhola. I genitori erano entrambi emigrati negli Stati Uniti da un piccolo paese della regione di Presov in Slovacchia. Il padre, trasferitosi in America nel 1907, era successivamente rientrato in patria dove si era sposato con Julia. Pittsburgh era ed è una delle città industriali più sviluppate degli Stati Uniti. Ciononostante la Depressione aveva intaccato l’economia locale poco dopo la nascita dell’artista. Il padre dovette confrontarsi con la disoccupazione che interessò migliaia di lavoratori. Ondrej riuscì comunque a cavarsela e, grazie alla sua intraprendenza, garantì sempre una certa agiatezza alla sua famiglia. Nel 1934, il miglioramento significativo della situazione familiare, spinse il nucleo a trasferirsi in una zona di maggior prestigio (sempre a Pittsburgh). Andy si iscrisse alla Holmes Elementary School e sviluppò, invero precocemente, il suo talento artistico. Nel 1936 Warhol si ammalò di febbri reumatiche e sviluppò un, seppur lieve, attacco di corea. Tale malattia interferì per un lungo periodo sul suo andamento scolastico. Nel ’41 entrò nella Schenley High School della sua città. Nel frattempo il padre sviluppò una grave malattia che lo condusse rapidamente alla morte, sopraggiunta nel 1942. Il fratello minore John assunse il ruolo di capofamiglia, mentre Andy approfondì il suo rapporto intenso con la madre che manterrà per tutta la sua vita. "Un bisogno di approvazione che soffocò l’espressione di una sua particolare visione del mondo."Andy si diplomò nel 1945 ed entrò nel Carnegie Institute di Pittsburgh, dove si laureò in disegno pittorico. La sua timidezza, in questa fase, lo spingeva a realizzare opere solamente in funzione del giudizio degli insegnanti. Un bisogno di approvazione che soffocò l’espressione di una sua particolare visione del mondo. Un anno rischiò l’espulsione dall’istituto, cosa che determinò il persistente timore d’insuccesso che accompagnò Warhol fino alla fine della sua carriera. Al Carnegie subì alcune influenze autorevoli. Ad esempio il Bauhaus tedesco. Moholy-Nagy sosteneva la creazione di opere d’arte realizzate con mezzi meccanici e con assoluto distacco emotivo. Facile immaginare come tali dettami abbiano permeato tutta la poetica del nostro artista. Negli anni ’40 Warhol entrò in contatto con la produzione di artisti fondamentali della storia del ‘900, come Duchamp e Salvador Dalì. Del primo, di cui diventò collezionista, avrebbe ripercorso per certi versi la carriera, configurandosi come suo degno successore sia nelle scelte culturali che nell’iconoclastia artistica. Warhol perpetrò una politica artistica di ridicolizzazione delle pretenziosità e di rifiuto nell’adeguarsi alle aspettative della società culturale. Nell’anno 1949 l’artista concluse il suo percorso di studi, laureandosi in Belle Arti. Già nello stesso anno si trasferì a New York con il compagno di studi Philip Pearlstein. "Andy sviluppa il suo primo personaggio pubblico: raggedy Andy (Andy lo straccione)."L’anno precedente, durante una breve permanenza a New York, Andy aveva conosciuto Tina Fredericks, direttrice della rivista di moda Glamour, che prontamente cercò per essere assunto. Tina gli commissionò una serie di illustrazioni di scarpe, tema che sarebbe diventato una delle specialità dell’artista. Le illustrazioni portavano la firma “Warhol”, Andy aveva definitivamente rinunciato alla “a” finale, anglofonizzando il suo cognome. Allo scopo di avere nuove commissioni, Andy sviluppa il suo primo personaggio pubblico: raggedy Andy (Andy lo straccione). Lo scopo consiste nel apparire come uno scappato di casa e perciò suscitare compassione nei clienti. L’originalità e la brillantezza delle sue illustrazione gli valgono alcune commissioni di successo per Condé Nast (il marchio cui apparteneva Glamour) e altri prestigiosi brand. Dal 1950 la sua carriera conobbe una costante ascesa e, nel ’51, realizzò i primi disegni per la televisione. Nello stesso anno il New York Times scelse un suo disegno per la pubblicità di un programma radiofonico sul crimine. La prima pagina di un quotidiano nazionale è il trampolino di lancio per acquisire grande fama. "La pietra miliare di una entusiasmante carriera espositiva."Nel giugno del 1952 la Hugo Gallery sulla 55 Strada lo scelse per una mostra personale. È la pietra miliare di una entusiasmante carriera espositiva. In realtà la mostra del ’52 fu un fiasco e, dei quindici disegni ispirati agli scritti di Truman Capote, Warhol non riuscì a vendere nulla. Ma ormai Andy era divenuto l’illustratore pubblicitario più richiesto di New York. Nella Grande Mela Andy scoprì la propria latente omosessualità, repressa nell’ambiente provinciale di Pittsburgh. Egli, refrattario al clima di promiscuità indiscriminata, intrattenne alcune relazioni profonde, come il rapporto con Charles Lisanby, conosciuto nel 1954 e suo compagno per circa dieci anni. Nel 1955 Warhol ebbe una fondamentale occasione: la produzione di una serie di tavole per la catena di scarpe I. Miller, che sarebbe apparsa a scadenza settimanale sul New York Times. La grande passione per le scarpe assunse talvolta in toni del feticismo con l’artista capace di provare piacere nel baciare i piedi calzati dei suoi compagni.
Nel gennaio del 1958 iniziò la carriera artistica in senso stretto. Presso la Leo Castelli Gallery di New York venne allestita una mostra fondamentale per la vocazione di Warhol: la prima grande mostra di dipinti di Jasper Johns della bandiera americana, di bersagli e numeri. Una vera e propria provocazione, per i canoni culturali dominanti, seguita a stretto giro dall’apparizione sulla scena di Robert Rauschenberg. L’arte americana si trovò a un fondamentale punto di svolta. In precedenza (anni ’40 e ’50) gli artisti americani avevano imposto a livello mondiale i loro canoni estetici. Parliamo di Pollock, de Kooning, Rothko e in genere dei protagonisti della Colour Field Painting. I presupposti di questo tipo di visione artistica si basavano sull’esplorazione di aspetti psicologici, espressivi e coloristici, approfondendo le implicazioni del surrealismo, dell’espressionismo e dell’astrattizzazione del colore, abbandonando il concetto di rappresentazione. Su questa tendenza Johns e Rauschenberg imposero la disinvoltura di un approccio neodadaista. Pur senza essere definibili come artisti pop, i due neodadaisti attinsero al repertorio di immagini della cultura di massa, influenzando Warhol. Le mostre di Johns e Rauschenberg spinsero Warhol a rompere con l’arte “commerciale” per divenire un vero artista. Nonostante il prestigioso Certificate of Excellence, conferitogli dall’American Institute of Graphic Arts nel 1959, le immagini di Warhol iniziarono ad incontrare sempre meno successo nella scena newyorkese. La prospettiva dell’insuccesso spinse l’artista a reagire. Nel 1960 diede il via ad una produzione neo-dadaista: urinò su tele bianche come gesto antiartistico. Successivamente stese tele grezze sul marciapiedi davanti alla sua casa di Lexington Avenue in modo che le orme lasciate dai passanti generassero in modo del tutto casuale il prodotto artistico. Tale visione performativa non sembrò riscuotere particolare successo. A questo punto Warhol tornò a quello che sapeva fare meglio: disegnare. I soggetti? Bottiglie di Coca Cola, frigoriferi, televisori, immagini tratte dalla pubblicità dozzinale e dai fumetti. Il regista Emile De Antonio fu il primo a vedere due tele di questo tipo. “Dunque, ascolta, Andy” disse dopo averle osservate per un paio di minuti. “Una è una cagata, c’è dentro un po’ di tutto. L’altra è notevole – è la nostra società, dice quello che siamo, è assolutamente bella e nuda e tu dovresti buttar via la prima e tenere l’altra”. La sua immagine di artista commerciale gli fece incontrare non poche ostilità nel mondo culturale. Solo una persona lo prese sul serio: Ivan Karp, l’assistente di Leo Castelli. Quest’ultimo tuttavia non dimostrò particolare interesse per i suoi quadri. Castelli lo riteneva troppo simile a Lichtenstein, già presente tra gli artisti in galleria. Warhol non si scoraggiò e nel 1961 espose le proprie opere in pubblico: in una vetrina dei grandi magazzini Bonwit Teller sulla 57a strada.
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Daniel BusoStorico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA Archivi
Gennaio 2024
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