"Come una lattina di minestra Campbell."L'architetto Muriel Latow diede quasi inconsapevolmente un consiglio fondamentale a Andy. Gli suggerì, dopo essersi fatta dare 50 dollari, di dipingere ciò che la gente desiderava di più (“i soldi”) e ciò che conosceva meglio (“come una lattina di minestra Campbell”). Così Warhol trovò l’idea dei suoi dipinti Money e Soup. Anche se l’idea non fu sua, l’artista ebbe il merito di ricavarne un fondamentale potenziale estetico e culturale. Del resto lo stesso Warhol diceva: “Che cosa dovrei dipingere? Il Pop viene dall’esterno, e che differenza c’è tra chiedere a qualcuno delle idee e cercarle in una rivista?”. Gli anni 1961 e 1962 furono dedicati all’esplorazione del soggetto “dollari”. Parallelamente sviluppò il tema della minestre Campbell, impegnandosi nella produzione di una serie di 32 piccole tele corrispondenti alle 32 varietà di minestra. Le immagini si stagliano su di un fondo neutro, il che implica distacco emotivo. Warhol riproduce l’aspetto meccanico delle immagini, proponendo in ambito artistico i processi industriali all’origine della produzione degli oggetti rappresentati. Attraverso l’industria Warhol crea una potente metafora del distacco dalle emozioni che caratterizza l’individuo nella società meccanizzata. Warhol si sofferma spesso a sottolineare la ripetitività e il conformismo sottesi alla vita moderna, con la sua consueta ambiguità. “Penso che ciascuno di noi dovrebbe essere una macchina”. Da quel momento Warhol prese la macchina a modello del proprio personaggio pubblico. Egli perpetrò una sempre più convincente fusione tra arte e vita. Tant’è che nel 1963 dichiarò a un giornalista della rivista Time: “Dipingere è troppo faticoso. Le cose che voglio rappresentare sono meccaniche. Le macchine hanno meno problemi. Io vorrei essere una macchina, e lei?”. La posizione dell’artista si radicalizzò fin dai primi anni ’60, dal momento che Warhol cominciò a fingere assenza di impegno intellettuale ed emotivo alla stregua di un robot. Tale assimilazione macchinica suscitò un tremendo interesse da parte dei media. Più Warhol appariva disimpegnato, più diventava intrigante. Quando Henry Geldzahler (assistente-curatore del Metropolitan Museum of Art) visitò il suo studio, rimase impressionato dal fatto che, durante tutta la sua permanenza, Warhol impose ai presenti di ascoltare decine di volte lo stesso disco di Dickie Lee ad alto volume. Questa ostentazione di automatismo è senza dubbio la chiave d’accesso alla comprensione della sua poetica. Nel 1962 Warhol produsse grandi dipinti con lattine di minestra, bottiglie di Coca Cola, di francobolli, di etichette e di adesivi con la scritta “Vetro – maneggiare con cura”. Nello stesso anno passò a rappresentare la morte! Una copia del Daily News con il titolo 129 DIE IN JET! gli fornì l’ispirazione. Vide la luce così il primo dei suoi numerosi quadri di incidenti. "L'attenzione del pubblico non lo abbandonò più fino alla fine della sua carriera."Una cosa va sottolineata, fino alla prima metà del 1962 Warhol dipingeva. Realizzando opere con le mani egli attribuiva invariabilmente una qualità soggettiva alle opere. La differenza tra immagini eseguite a mano e immagini prodotte a macchina venne definitivamente annullata nel luglio del 1962 quando Nathan Gluck disse a Warhol che, se voleva eliminare la laboriosità dalla produzione di immagini ripetitive, avrebbe dovuto usare la tecnica di stampa della foto-serigrafia. L’immagine fotografica veniva tecnicamente trasferita su uno schermo di seta sensibilizzata teso su un telaio. Quantità e ripetitività diventano così gli elementi essenziali della sua arte che ambisce a riprodurre l’effetto “catena di montaggio” agognato dall’artista. Le sue immagini divengono così meccaniche, sebbene Warhol insista sulle varianti al fine di vitalizzare il suo procedimento. È il decesso dell’autorialità, il trionfo dell’oggettivizzazione del processo creativo, seppure in un contesto in cui la forza cromatica e l’intensità degli inchiostri conferisca grande varietà visiva, movimento e immediatezza. Il 4 agosto 1962, la grande star Marilyn Monroe pose fine alla sua vita in maniera tragica. L’artista si lanciò sullo scoop del momento, producendo una serie di serigrafie che ritraevano l’attrice; presto queste sarebbero diventate le sue immagini più celebri. Le immagini ritraggono Marilyn seguendo un processo che mira ad enfatizzare gli aspetti più pacchiani del divismo: rossetto acceso, capelli ossigenati, uso smodato dell’ombretto. Dopo la Monroe, numerose altre star della musica e del cinema diventarono protagoniste delle sue nuove serie: Liz Taylor, Marlon Brando, Elvis Preseley. Nella stessa estate 1962 la Elinor Ward’s Stable Gallery di New York lo contattò per realizzare una sua mostra personale. Il 6 novembre 1962 è il giorno del debutto newyorkese di Andy. 18 quadri, tutti venduti. L’attenzione di pubblico che ricevette questa mostra non abbandonò più Warhol lungo tutto il corso della sua carriera. Nel 1963 il Metropolitan espose per un mese la Monna Lisa di Leonardo da Vinci e, per l’occasione, Warhol dipinse alcuni quadri in cui era inserita quella immagine. L’operazione warholiana mirava a rappresentare l’immensa diffusione mediatica del capolavoro. Parallelamente rappresentò eventi sociali contemporanei, come le manifestazioni per i diritti civili dei neri a Birmingham in Alabama, funerali di gangster, sedie elettriche, morti causate da avvelenamento alimentare, incidenti stradali, esplosioni atomiche. Quindi si dedicò a rappresentare un altro evento di grande impatto mediato: i funerali di Kennedy. Protagonista fu Jackie, immortalata ai funerali presidenziali. Nei disastri rappresentati da Warhol, la ripetitività visiva sottolinea il significato culturale del modo in cui noi spettatori vediamo le immagini tragiche diffuse dai media. La sensazione che tali immagini producono su di noi è di intrigante curiosità. "I suoi dipinti iniziarono ad essere considerati tra le immagini più significative della contemporaneità."Nel 1963 ci fu un momento epocale nella carriera di Warhol, ovvero il trasferimento del suo studio nella celebre The Factory (La Fabbrica), così chiamato poiché ospitava in precedenza una fabbrica di cappelli. Billy Name, un suo assistente, dipinse gli interni con vernice color argento e lo tappezzò in parte con fogli d’alluminio. A Warhol piacque l’effetto poiché gli ricordava le navi spaziali e gli schermi dei vecchi film di Hollywood. Nello stesso anno l’artista assunse un prolifico assistente, Gerald Malanga, al fine di occuparsi con maggior impegno del cinema.
Già nel 1963 girò il suo primo film, Sleep. 6 lunghe ore in cui il suo compagno, John Giorno, dormiva. Altro lavoro cinematografico del periodo fu Empire: ripresa dell’esterno del celebre Empire State Building per 8 ore. Scopo di queste opere d’avanguardia è proiettare sul mondo uno sguardo meccanico, deprivato di ogni emozione e dell’intervento visibile dell’autore. In tal proposito l’artista suggerì: “Quando non accade nulla, si ha la possibilità di pensare a qualsiasi cosa”. Nel 1964 gli venne conferito il premio annuale della rivista newyorkese di cinema underground Film Culture. Nel frattempo Warhol sbarcò in Europa e i suoi Disasters ottennero un grande successo a Parigi. La prima mostra europea di Warhol si tenne alla Ileana Sonnabend Gallery nella capitale francese. Protagonisti un gruppo di Disasters con il titolo di Death in America. La personalità di Warhol lo portava incessantemente a cercare di stupire il suo pubblico. Tant’è che alla mostra presso la Leo Castelli Gallery di New York, nel 1964, non espose più i disastri ma, su suggerimento di Henry Geldzahler, fiori. Negli anni ’60 il mondo (e il mercato) dell’arte letteralmente esplose. La Factory si riempì di aiutanti e scrocconi. Molti soffrivano di disturbi psicologici, talvolta legati all’assunzione di droghe, ma Warhol accoglieva senza alcun problema disadattati sociali, anche perché facilmente disposti a essere manipolati dalla sua leadership. In questo periodo sviluppa un’ossessione per le feste private. Warhol non era felice se non aveva un party a cui recarsi ogni sera. Con il tempo avrebbe dato una struttura più solida a questo suo amore, grazie alla rivista Interview da lui fondata, che gli offrì l’accesso a qualsiasi party negli USA. Warhol cercò nuove ispirazioni in altre forme di espressione culturale. Nel 1965 assunse il controllo del gruppo rock Velvet Underground. Tornato a New York girò il suo primo film di successo commerciale, Chelsea Girls. Nel 1967 la sua attività artistica era in declino e, ancora una volta, ciò lo spinse a cercare aiuto all’esterno. Ivan Karp gli suggerì di rappresentare se stesso. Ne derivò un gruppo di autoritratti che dimostravano come, nel 1967, l’artista fosse divenuto un’icona. La foto scelta era di molti anni prima. Le mostre dei suoi lavori si moltiplicarono. I suoi dipinti iniziarono ad essere considerati tra le immagini più significative della contemporaneità. Il Moderna Museet di Stoccolma gli dedicò una retrospettiva e per l’occasione avvolse l’intero museo di carta da parati rappresentante la celebre mucca. Il ritorno a New York lo vide impegnato in un’attività sempre più frenetica nella sua Factory. La presenza di persone squilibrate continuava ad essere la normalità nello studio newyorkese, tanto che nel 1964 Dorothy Podber (uno dei parassiti della Factory) sparò a quattro tele di Marilyn impilate l’una sull’altra (i quattro quadri da quel momento presero il titolo di Shot Marilyn). Il 3 giugno del 1964, Valerie Solanas, un’attrice affetta da disturbi mentali, femminista e fondatrice della Society for Cutting Up Men (SCUM – Società per fare a pezzi gli uomini) di cui era il solo membro, entrò nello studio di Warhol e sparò tre colpi contro il pittore. Warhol venne immediatamente trasferito all’ospedale e sottoposto a un intervento chirurgico. L’operazione fortunatamente andò a buon fine.
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Daniel BusoStorico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA Archivi
Dicembre 2024
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