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IL BLOG DI ARTIKA

GALLERIE DELL'ACCADEMIA. PARTE 1

9/3/2021

3 Comments

 

"Potenza e ricchezza "

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Potenza e ricchezza. In queste due parole si riassume la grandezza di Venezia nell'età medievale. La ricchezza, come si sa, è il presupposto imprescindibile per lo sviluppo della cultura e la città diventa presto centro propulsore di tesori artistici.

L'antefatto del racconto di questo articolo è la crisi militare di fine Trecento. Tra il 1378 e il 1381 si consuma la Guerra di Chioggia, nel corso della quale la sopravvivenza stessa di Venezia viene messa a rischio. I genovesi arrivano fin dentro alle acque della laguna, ma la città resiste e il nuovo doge Antonio Venier, eletto nel 1382, trasforma nuovamente la Serenissima in un'isola felice.

In questo periodo il cambiamento culturale più significativo è l'apertura a Occidente. Venezia non ha più un rapporto esclusivo con l'Oriente e anche in ambito artistico gli artisti manifestano una sempre maggiore voglia di modernità, per uscire dai canoni rigidi della pittura bizantina.

Inizia così il Rinascimento veneziano che, pur tardando ad affermarsi rispetto a Firenze o Roma, rivoluzionerà il volto della città e permetterà (alla data 1494) all'ambasciatore francese Philippe de Commynes di affermare: "è la città più bella e trionfante".

"Contorni nitidi
​e ombre delicatissime
"

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"Madonna col Bambino e il committente Vulciano Belgarzone", Nicolò di Pietro, 1394. Gallerie dell'Accademia, Venezia
Alla fine del Trecento la situazione artistica è bloccata. Le opere subiscono una flessione espressiva, lo stile è costretto dalle regole accademiche e gli artisti si chiudono negli argini rassicuranti del passato glorioso.

Uno degli episodi che segnano la svolta è la presenza in città di Nicolò di Pietro, documentato per la prima volta nel 1394, anno in cui firma la Madonna col Bambino e il committente Vulciano Belgarzone esposta nella prima sala delle Gallerie dell'Accademia [vedi immagine qui sopra].

Lo stile di Nicolò è tra i più fulgidi esempi di gotico internazionale, riflesso di una società che si allontana dalle formule orientali per rivolgere il proprio sguardo a Occidente. Le sue figure sono caratterizzate da contorni nitidi e ombre delicatissime, pur all'interno di uno sfondo dorato che ancora ricorda le sofisticate icone greche.

Sono numerose le caratteristiche che rendono estremamente innovativo questo dipinto. Il senso di naturalismo, la capacità di comunicare i sentimenti nei volti dei personaggi e una pittura liquida capace di infondere grande luminosità alla composizione.

"Dalla schematica tipologia bizantina
al più frizzante stile gotico
"

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"La Giustizia in trono con gli arcangeli Gabriele e Michele", Jacobello del Fiore, fine XIV sec. Gallerie dell'Accademia, Venezia
A Nicolò di Pietro segue Jacobello del Fiore. Attivo a Venezia dal 1400, lo scopriamo pittore ufficiale della Serenissima nel secondo e quarto decennio del secolo. L'ufficialità non è in questi secoli un riconoscimento puramente formale, come sottolinea la tanto agognata sospensione dalle tasse e l'alto stipendio che accompagnavano l'attribuzione della carica.

L'opera che ci accoglie al piano nobile delle Gallerie dell'Accademia è tutta sua. Un'imponente tavola con La Giustizia in trono tra gli arcangeli Gabriele e Michele (Trittico della Giustizia) entrata nel museo veneziano nel 1884 [vedi immagine in alto].

Tempera e oro sono i materiali che compongono questa scena caratterizzata dalla vivacità dei colori (molto preziosi) e dal dinamismo delle figure che rendono la superficie pittorica estremamente piacevole. Jacobello abbonda inoltre di dettagli e particolari intriganti.

Anche lui, come Nicolò, assume su di sé il peso del trapasso linguistico dalla schematica tipologia bizantina al più frizzante stile gotico. La sua importanza a Venezia è sottolineata dall'ipotesi che lo vuole al fianco dei più blasonati Pisanello e Gentile da Fabriano nella decorazione di Palazzo Ducale, quindi nel cuore delle commissioni in laguna.

"Il gotico è al suo canto del cigno "

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"Polittico di San Giacomo", Michele Giambono, 1450. Gallerie dell'Accademia, Venezia
Nel 1415 Jacobello del Fiore ottiene la carica di "gastaldo" della corporazione dei pittori veneziani. Posizione di prestigio che lo rende forse il pittore più influente in laguna questa data. Lo stesso anno è significativo anche per l'arrivo a Venezia di Michele Giambono.

Il suo stile è un riassunto delle migliori espressioni lagunari: le linee complesse dell'opera matura di Jacobello, gli accenti "espressionisti di Zanino di Pietro e l'attenzione al dato naturalistico di Nicolò di Pietro.

Per scoprirne l'opera degli esordi bisognerà spostarsi momentaneamente dalle Gallerie per ammirare la Madonna del Carmelo collocata nella chiesa degli Scalzi a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Il suo capolavoro museale è invece il Polittico San Giacomo datato al 1450 [immagine in alto]. Cinque preziose tavole a fondo d'oro.

L'aspetto più evidente di questo capolavoro è il prezioso senso della decorazione, ispirato alla maniera degli artisti che in quegli anni decoravano Palazzo Ducale.  Il Gotico è al suo canto del cigno e il Giambono ce ne lascerà una testimonianza raffinatissima con il San Crisogno a cavallo che si può ammirare nella chiesa di San Trovaso sempre a Venezia, vicino ai capolavori di Jacopo Tintoretto.

"Un linguaggio ormai maturo
​si sta diffondendo a Venezia
"

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"Madonna col Bambino", Jacopo Bellini, 1450 c. Gallerie dell'Accademia, Venezia
A questo punto irrompe sulla scena Jacopo Bellini.
Il primo e precoce pittore autenticamente rinascimentale a Venezia.

Jacopo organizza la produzione in una bottega dal carattere marcatamente familiare. Le opere che escono dallo studio sono culturalmente nuove e per certi versi antitetiche rispetto alla corrente tardo gotica. La sua consapevolezza rinascimentale si esprime nel disegno molto più sicuro, nelle architetture razionali e nel colore. Un linguaggio ormai maturo si sta diffondendo a Venezia.

La tavola qui riportata fa parte del genere devozionale della Madonna col Bambino [vedi immagine in alto], di cui il figlio Giovanni diventerà grande interprete. Il punto di partenza è, ancora una volta, l'icona bizantina. Ciò che cambia è la rappresentazione del soggetto, l'inedita attenzione all'aspetto umano ed emotivo che portano l'artista a rappresentare qualcosa di più rispetto a due figure sovrannaturali: ovvero il rapporto tra una madre e il figlio.

Le forme sono costruite con maggiore solidità rispetto al passato e i panneggi meticolosamente dipinti sui corpi riescono nell'intento di far risaltare la volumetria. Il rosso dominante è impreziosito da tocchi dorati nei punti in cui si posa la luce. L'umanità espressiva è straordinariamente suggerita dal gesto del Bambino che accarezza il volto della Madre.

"L'estrema espressione del
​tardo gotico-internazionale a Venezia
"

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"Polittico della Carità", Antonio Vivarini, 1446. Gallerie dell'Accademia, Venezia
Nel medesimo periodo di Jacopo Bellini compare a Venezia un'altra corrente influenzata dalle novità espressive centro-italiane. Si tratta della "scuola muranese". Murano è infatti il luogo di nascita del capostipite della bottega: Antonio Vivarini, nato tra il 1415 e il 1420.

Alla bottega partecipano fin da subito il cognato di Antonio, Giovanni d'Alemagna, e il fratello minore Bartolomeo. Ai due si aggiungerà il figlio Alvise che opererà in città fino al Cinquecento.
Antonio Vivarini rappresenta, a metà Quattrocento, l'apice per la pittura veneziana. Egli non appartiene a quel linguaggio di inizio Rinascimento già espresso dal Bellini, ma è l'estrema espressione del tardo gotico-internazionale a Venezia.

Antonio Vivarini realizza, nel 1446, il Polittico per l'influente Scuola Grande​ della Carità, oggi alle Gallerie dell'Accademia [immagine in alto]. Si tratta dell'esito più complesso e monumentale del sodalizio con Giovanni d'Alemagna. La struttura architettonica rievoca forme gotiche ma il senso dello spazio è coerente e sviluppato da chi, chiaramente, conosceva le regole della prospettiva.

Le intuizioni prospettiche del Vivarini, la dolcezza con cui sono resi gli incarnati e i colori squillanti (forse debito del celebre vetro muranese) dimostrano la modernità di Antonio e la sua comprensione delle opere padovane di Donatello che ebbe l'opportunità di vedere dal vivo. L'opera, come dicevo, è gotica ma il senso dello spazio sembra aprire con forza la strada agli sviluppi rinascimentali di Andrea Mantegna e Giovanni Bellini di cui parlerò nel prossimo capitolo dedicato sempre alle Gallerie dell'Accademia.

Vi dò quindi appuntamento al prossimo articolo del Blog di ARTIKA in cui affronterò ancora l'argomento della grande arte del Rinascimento a Venezia!
Articolo a cura di Daniel Buso
3 Comments
giuliana aprile
14/3/2021 15:06:22

desidero ricevere altri post d' arte editi da Artika... sono estremamente interessanti. grazie

Reply
giuliana aprile
14/3/2021 23:59:18

vorrei essere iscritta ai post di Artika grazie

Reply
Daniel Buso
24/3/2021 17:09:28

Buongiorno Giuliana, grazie per averci inviato un commento positivo. Le chiedo cortesemente di lasciarci la sua email per ricevere i prossimi articoli del Blog di ARTIKA.

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    Daniel Buso

    Storico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA

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