"L'impero veneto è nel suo momento più glorioso "Nel 1454, con la pace di Lodi, si completa l'espansione in terraferma di Venezia. Come evidenziato nell'articolo precedente [GALLERIE DELL'ACCADEMIA. PARTE 1], la Serenissima ha lasciato le acque isolate della laguna già da 50 anni, allargandosi secondo la proverbiale "svolta a Occidente". Venezia diventa così uno "stato da terra", acquisendo lo status di potenza continentale, oltre che marinara. In questo momento l'impero veneto è nel suo momento più glorioso, ma è anche l'inizio della sua fine, che sopraggiungerà più di tre secoli dopo, dopo vicende alterne. La città non è solo una brutale potenza imperialista, ma è anche l'epicentro del commercio quattrocentesco. A Venezia arrivano le novità da tutto il mondo conosciuto, tra cui le più belle opere d'arte prodotte dai contemporanei. Dalla metà del secolo la Serenissima rinuncia alla sua nota austerità di costumi per trasformarsi nella città più splendida dell'Occidente. Si sviluppa a questo punto una pittura totalmente veneta, capace di fondere le specificità delle varie regioni "europee" con il glorioso passato all'orientale. Protagonista è ancora la bottega familiare dei Bellini, che ha in Giovanni Bellini: il primo autentico pittore del Rinascimento in laguna. "Tutto è funzionale per celebrare la ricchezza di Venezia "La forza dei Bellini è già evidente con il fratello maggiore di Giovanni: Gentile Bellini. Vicino al linguaggio di Andrea Mantegna, fin dai suoi esordi, sviluppa un suo stile peculiare costruendo figure con linee di contorno precise. Le sue opere sono caratterizzate da grande realismo, il che ne fa il maggior ritrattista dell'aristocrazia veneta. Tra i suoi capolavori, i grandi teleri celebrativi trovano una posizione fondamentale, aprendo per certi versi alla stagione del vedutismo lagunare. La Processione in piazza San Marco [foto in alto] è un dipinto monumentale di 347x770 centimetri, destinato alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Gentile dipinge un momento di grande importanza istituzionale: la festa della Santa Croce del 25 aprile 1444, durante la quale avviene il miracolo della guarigione immediata del figlio di un mercante che aveva pregato la reliquia. Più che una rappresentazione narrativa, l'opera è un fondamentale ritratto pubblico della città. La vastità della piazza, la raffinatezza della basilica di San Marco e Palazzo Ducale sullo sfondo. Tutto è funzionale a celebrare la ricchezza di Venezia. Gentile Bellini, inoltre, sposta il Campanile sulla destra per permettere agli osservatori una visione maggiormente completa dei monumenti. "Un'incredibile capacità di rappresentazione dei sentimenti "Nel sesto decennio del Quattrocento irrompe sulla scena Giovanni Bellini, il maggiore pittore veneziano del secolo. Il suo primo fondamentale capolavoro è il polittico di San Vincenzo Ferrer ancora ospitato nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia. La novità di Giovanni sta nella sua capacità di creare unità tra gli elementi: linea, volume, colore e luce, tutto è fuso assieme in senso rinascimentale; diversamente dal passato gotico in cui gli elementi erano trattati come entità distinte. A questo senso maturo dello spazio, il Bellini aggiunge la straordinaria rappresentazione delle figure basata sul modello stilistico di Antonello da Messina. La carriera di Giovanni Bellini è straordinaria e incredibilmente lunga. Già dagli anni '80 il suo stile marca una rottura tra la sua produzione e quella degli altri pittori contemporanei. Egli viene nominato pittore ufficiale di stato con la dispensa dal pagamento delle tasse nel 1483. Gli incarichi ufficiali sono innumerevoli: dal rifacimento del ciclo pittorico in Palazzo Ducale, alle enormi pale d'altare nelle chiese veneziane. Nel tempo libero Giovanni si dedica alla produzione di quadri di Madonne, diffusi in tutte le case. Qui, anche grazie alla maggior libertà, il Bellini manifesta un'incredibile capacità di rappresentazione dei sentimenti. Come nel caso della Madonna degli alberetti [foto in alto], in cui il pittore non si limita a dipingere un soggetto sacro ma ci rappresenta con straordinaria efficacia l'eterno tema del rapporto d'affetto tra madre e figlio. "L'unico in grado di rivaleggiare con Giovanni Bellini "L'alter ego di Giovanni è, in questa fase, il più giovane Alvise Vivarini. Quest'ultimo possiede una minore sensibilità di luce e colore. I suoi paesaggi sono meno raffinati e nella rappresentazione della figura umana non raggiunge l'armonia belliniana. Ciononostante è l'unico in grado di rivaleggiare con Giovanni Bellini. L'opera appartiene al filone fortunato delle sacre conversazioni, una tipologia largamente diffusa nelle chiese del Quattrocento. La composizione viene dipinta da Alvise per la chiesa di San Francesco a Treviso. Il pittore inserisce due finestre sullo sfondo per aprire la rappresentazione sul paesaggio. Le finestre sono state però coperte con l'inserimento della tenda verde, misteriosamente aggiunta ben dopo la produzione dell'opera. Nonostante una certa rigidità nelle pose, le figure sono estremamente realistiche e dimostrano come Alvise sia stato capace di assimilare con successo il linguaggio sofisticato di Antonello da Messina (presente a Venezia tra il 1475 e il 1476). Ogni santo, come è noto, allude a qualcosa; e Alvise Vivarini si sofferma con grande attenzione sulla gestualità dei personaggi, in particolare sulle mani. Con ampio gesto San Francesco rivela le sue stigmati, Giocchino porge la colomba della pace, mentre la Vergine invita gli osservatori a partecipare alla scena. "Un'altra personalità di grande livello "Un'altra personalità di grande livello, in questo primo Rinascimento veneto, è Cima da Conegliano. Alcuni aspetti, come la sua provenienza provinciale e la morte precoce, ne hanno condizionato l'ascesa e precluso importanti commissioni di stato. Cima, tuttavia, trova un certo successo presso le confraternite lagunari e alcuni ordini religiosi, inserendosi poi con forza negli anni '90 del secolo quando Giovanni Bellini è impegnato nel ciclo decorativo di Palazzo Ducale. Il pittore coneglianese non è un semplice gregario ma è capace di innovare rispetto al già originale stile di Bellini e, in un caso, riesce ad essere lui stesso ispiratore di Giovanni. Sto parlando del bellissimo Battesimo di Cristo in San Giovanni in Bragora [articolo], a cui il Bellini guarda nel realizzare il suo Battesimo per la chiesa di Santa Corona a Vicenza. Tra i suoi capolavori oggi esposti alle Gallerie dell'Accademia, segnalo questa straordinaria pala d'altare, commissionata dall'armatore Giorgio Dragan per la chiesa della Carità a Venezia. Cima si dimostra qui capace di fondere ciò che di meglio l'arte locale ha da offrire: la monumentalità di Giovanni Bellini, i lavori in marmo di Tullio Lombardo e la dolcezza espressiva di Antonello da Messina. Di incredibile realismo è il presunto ritratto del committente, il quale presta il suo volto per la rappresentazione di San Giorgio (con cui condivideva il nome), visibile nel secondo santo da sinistra. "Il volto della Serenissima nel Rinascimento "Chiudiamo questo secondo appuntamento dedicato ai capolavori delle Gallerie dell'Accademia, con il più grande autore di teleri a Venezia: Vittore Carpaccio. Creatore di incredibili "vedute" della città, ci ha consegnato un'immagine irripetibile del volto della Serenissima nel Rinascimento.
L'opera in oggetto appartiene al celebre ciclo per la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, di cui abbiamo appena parlato con Gentile Bellini. Il tema è sempre quello dei miracoli di un frammento della Vera Croce, regalato alla Scuola nel 1396 da Philippe de Mézières, cancelliere dei regni di Cipro e Gerusalemme. La scena mostra il miracolo della guarigione di un ossesso, avvenuta grazie all'imposizione della reliquia per mano del Patriarca di Grado. In realtà, all'episodio centrale è riservato un piccolo spazio nella parte in alto a sinistra del dipinto (sotto un'elegante loggia rinascimentale). Ciò che più conta, per Carpaccio, è il racconto della vitalità urbana brulicante di vita. Due particolari destano l'interesse di noi osservatori del XXI secolo. Il ponte di Rialto, innanzitutto, nelle sue forme lignee, prima della ricostruzione in pietra del 1591. Un ponte levatoio medievale in piena regola, funzionale al passaggio di ingombranti imbarcazioni sul Canal Grande. L'altro particolare è la presenza di un gondoliere di pelle scura nel primo piano della scena. Quest'ultimo dettaglio ci porta a riflettere sulla presenza traumatica di schiavi nella Venezia del Rinascimento. Si sa, infatti, che, nonostante il divieto cattolico di praticare la schiavitù, per secoli l'Europa ha convissuto con la presenza di stranieri ridotti a merce. Questa è una pagina terribile di un periodo che, sotto altri punti di vista, ha segnato una svolta nella cultura e nella civiltà umana. Con Carpaccio si conclude il nostro secondo appuntamento con le Gallerie dell'Accademia. Vi do appuntamento alla prossima settimana dedicata tutta a Giorgione e al seguito che il suo impatto ebbe in laguna! Articolo a cura di Daniel Buso
3 Comments
Antonella
18/3/2021 17:38:24
Molto bello l'articolo
Reply
Daniel Buso
24/3/2021 17:10:39
Grazie Antonella! Se ha piacere può lasciarci una email per ricevere i prossimi articoli del Blog di ARTIKA.
Reply
Manuela
4/4/2021 08:16:26
Grazie per questa lezione molto interessante
Reply
Leave a Reply. |
Daniel BusoStorico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA Archivi
Febbraio 2025
Categorie |