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IL BLOG DI ARTIKA

GALLERIE DELL'ACCADEMIA. PARTE 4

30/3/2021

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Anno 1510, muore Giorgione.
A questa data il Rinascimento a Venezia è un fatto compiuto.
Nel 1513 Tiziano scrive una lettera al potente Consiglio dei X, principale organo politico della città. Nel testo il pittore cadorino si offre di dipingere gratuitamente un'opera per Palazzo Ducale. In cambio chiede uno spazio vacante per aprirsi lo studio nel Fondaco dei Tedeschi.
L'episodio segna l'ingresso del Vecellio in un mercato che appariva chiuso dall'ingombrante figura di Giovanni Bellini.

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Fig.1: "Assunta", Tiziano Vecellio, 1516-1518, Frari, Venezia
Prima di tornare a solcare le sale delle nostre amate Gallerie dell'Accademia, vi propongo una breve deviazione nel sestiere veneziano di San Polo. Qui sorge l'imponente basilica gotica dedicata a Santa Maria Gloriosa, meglio nota come i Frari. Scrigno traboccante di capolavori artistici dove trovano riposo personaggi illustri della Serenissima come Antonio Canova, l'ambiguo Conte di Misurata (fondatore, tra le altre cose, di Porto Marghera) e, ovviamente, Tiziano.

Nel presbiterio troneggia, dal 1518 circa, l'imponente pala commissionata a Tiziano due anni prima. Sto parlando dell'Assunta, opera che rappresenta il primo squillo internazionale del Cinquecento veneto [fig.1]. La composizione è strutturata in tre ordini: gli apostoli in basso, stupiti ed agitati per l'evento miracoloso. In mezzo svetta la Vergine, investita da una luce potente e circondata da una folla di angeli in festa. In alto, chiude il cerchio, Dio Padre, il quale attira a sé la Donna con sguardo pieno d'amore.

L'aspetto tecnico-compositivo più efficace sta nella costruzione geometrica. Tiziano costruisce un triangolo di rossi (vedasi i due apostoli in basso e la vergine nel mezzo, oltre al dettaglio del mantello di Dio); triangolo che letteralmente trascina il nostro sguardo in un'estasi mistica verso l'alto.

L'opera segna la consacrazione definitiva dell'artista, ad appena tre anni dalla sua umile lettera di richiesta al Consiglio dei X, grazie alla sua clamorosa potenza visiva e alla sua intrinseca bellezza. La concitazione delle pose dei personaggi conferisce grande dinamismo alla composizione, mentre nella resa dei volti Tiziano esprime tutta la sua visione umanistica e autenticamente rinascimentale.

"Uno dei soggetti più amati e diffusi nel Cinquecento veneto"

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Fig.2: "Madonna col Bambino e san Giuseppe tra i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria", Palma il Vecchio e Tiziano Vecellio, Gallerie dell'Accademia, Venezia
Oltre alla onnipresente bottega di Bellini, Tiziano ai suoi esordi si confronta con un altro pittore della generazione precedente: Jacopo Negretti, detto Palma il Vecchio. Le Gallerie dell'Accademia ospitano un importante capolavoro che testimonia la collaborazione tra i due pittori.

La composizione è intitolata Madonna col Bambino e san Giuseppe tra i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria [fig.2]. Essa rientra nella tipologia delle "sacre conversazioni" di formato orizzontale, i cosiddetti quadri di Madonne di cui ho scritto nella seconda parte del mio racconto dedicato al museo veneziano [ACCADEMIA. PARTE 2].

La Madonna col Bambino + santi è senza dubbio uno dei soggetti più amati e diffusi nel Cinquecento veneto, prediletto principalmente dalla committenza privata. L'imponente formato di questa tela (quasi due metri di larghezza) suggerisce l'appartenenza ad un facoltoso veneziano, di cui purtroppo ci sfugge l'identità.

Le figure sono assembrate nel primo piano della composizione, senza il sostegno di una struttura architettonica. Ciononostante esse sono dipinte con straordinaria naturalezza ed esprimono tutta l'humanitas e la rappresentazione degli affetti che hanno reso estremamente dolce e piacevole la contemplazione dei dipinti di Tiziano Vecellio.

L'opera non è soltanto di Tiziano. Il dipinto viene iniziato da Palma il Vecchio, quindi, alla sua morte, si inserisce il pittore cadorino con la sua ventata di modernità. L'intervento di Tiziano si concentra principalmente nella testa e nel manto di Santa Caterina, oltre che nel paesaggio (non a caso i dettagli più affascinanti di tutta l'opera).

"La diffusione del Classicismo in laguna"

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Fig.3: "La presentazione della Vergine al tempio", Tiziano Vecellio, 1534-1538, Gallerie dell'Accademia, Venezia
Spesso non consideriamo che l'edificio che ospita le Gallerie dell'Accademia abbia avuto una vita prima di essere un museo. Qui si trovava il complesso della Carità, con l'omonima Scuola Grande dalle importanti funzioni di carità, assistenza e inclusività sociale per gli abitanti della città.

Tiziano dipinge questo capolavoro per i confratelli della Scuola, tra il 1534 e il 1538 [fig.3]. Siamo quindi in "presenza" di una delle rare opere pensate per questa sede e qui rimaste nei secoli. L'incontro virtuale non restituisce l'emozione ma i due rettangoli bianchi nella parte bassa della foto suggeriscono la presenza di due porte. Tiziano dipinge tenendo in considerazione solo quella di destra, dal momento che la sinistra verrà aperta più di un secolo dopo.

La scena è organizzata all'interno di un'ambientazione classicista. Siamo nel periodo in cui la moda per l'antico sta dilagando nella penisola italica. A Venezia il doge Andrea Gritti (in carica dal 1523 al 1538) propone la sua renovatio urbis incaricando ufficialmente Sansovino, il grande architetto fiorentino, massimo rappresentate del classicismo e predecessore di Andrea Palladio.

​La tradizionale scalinata con i 13 gradini (come 13 sono i cosiddetti "salmi graduali") è rappresentata efficacemente in scorcio dal basso fino all'ingresso del tempio. Qui Maria è attesa dal sommo sacerdote e da un uomo abbigliato come un cardinale del Cinquecento. La Vergine è contornata da un ovale di luce che evidenza la sua superiorità divina rispetto al resto dei personaggi dipinti.

L'assembramento alle sue spalle è significativo, con persone che si affacciano curiose dalle balconate per assistere all'episodio sacro. Oggi l'identità della maggior parte dei personaggi è sconosciuta (sono stati identificati solo i volti di due confratelli della Scuola della Carità); ma i contemporanei dovettero rimanere estasiati riconoscendosi con perfetto realismo tra le eleganti figure dipinte dal pennello di Tiziano.

"Non fu mai veduta cosa più bella né migliore, né di disegno né di colorito"

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Fig.4: "San Giovanni Battista", Tiziano Vecellio, 1540 c., Gallerie dell'Accademia, Venezia
"Non fu mai veduta cosa più bella né migliore, né di disegno né di colorito", così si esprime Ludovico Dolce, letterato, e grande estimatore di Tiziano, nel 1557, riferendosi a questo dipinto firmato "Ticianus" [fig.4]. Il Dolce prosegue celebrando soprattutto il disegno e il "colorito".

La figura si impone imperiosa al centro del dipinto, accompagnata dai suoi proverbiali attributi, ovvero l'agnello sacrificale (prefigurazione cristologica), la tunica in pelle di cammello e il crocifisso in legno povero. L'ambientazione è particolarmente suggestiva con la rupe che incombe sulla sinistra e il ruscello a destra che prorompe in una piccola cascata.
​
L'anatomia del Battista è praticamente perfetta. Ogni singolo muscolo è stato definito con estrema cura e guardandolo con attenzione possiamo percepire la tensione del movimento di questo santo eccezionalmente atletico (soprattutto per un uomo in pellegrinaggio in lande deserte). La muscolarità rinvia all'influenza dell'arte di Michelangelo. Tiziano e il divino scultore si conosceranno qualche anno dopo questo dipinto, ma le riproduzioni delle sue opere circolavano già da tempo a Venezia.

Tiziano si presenta così come il perfetto punto di incontro tra la perfezione del disegno sviluppata nelle regioni centrali della penisola italica e il cromatismo autenticamente veneto. 

L'opera viene eseguita per la chiesa di Santa Maria Maggiore a Venezia. Nel 1807, a seguito delle soppressioni degli ordini religiosi, il dipinto avrebbe dovuto lasciare la città. Interviene a quel punto Pietro Edwards, tenace restauratore, il quale riesce a trasferire il San Giovanni Battista nei depositi da cui sarebbero nate le Gallerie dell'Accademia.

"La lezione dell'ultimo Tiziano sarà compresa molto tempo dopo"

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Fig.5: "Pietà", Tiziano Vecellio, 1575-1576, Gallerie dell'Accademia
Eccoci arrivati al testamento di Tiziano. Forse l'ultimissima opera dipinta dal grande maestro e destinata alla cappella del Cristo nella chiesa dei Frari, in cambio della concessione di esservi sepolto.

Il capolavoro, oggi alle Gallerie dell'Accademia, viene dipinto a partire dal 1575 [fig.5]. Siamo nel pieno di una terribile pandemia: la peste nel giro di un solo anno uccide un veneziano su tre. Tiziano è vecchio e solo. La sua vita professionale è stata un trionfo, ma la sua condizione umana è quella del sopravvissuto. Nell'avanzare della sua vecchiaia sono venute a mancare molte delle persone a lui care: prima fra tutte la moglie Cecilia (defunta già nel 1530). Quindi quella peste terribile si porta via il figlio prediletto, altrimenti destinato a diventare suo erede: Orazio Vecellio.

Tiziano lo segue a stretto giro, morendo appena un mese dopo. Non conosciamo nel dettaglio la storia dei suoi ultimi giorni, ma probabilmente l'assenza di affetti conduce rapidamente il corpo del Maestro alla consunzione. 

Nella Pietà vediamo l'autoritratto di Tiziano, inginocchiato ai piedi di Cristo, traslato nella figura penitenziale di Giuseppe d'Arimatea (o Nicodemo). La tecnica con la quale dipinge l'opera è straordinaria: caratterizzata da colori cupi stesi con pennellate ricche e veloci, vibranti di luce. La lezione dell'ultimo Tiziano sarà compresa molto tempo dopo, forse solo nell'Ottocento. Di questa breve parentesi stilistica ci rimane un'immagine emozionante (a metà tra storia e mito) in cui ci sembra di vedere l'anziano pittore, ormai praticamente cieco, che dipinge il suo capolavoro apponendovi il colore con le dita, oltre che con il pennello.

Il grande pittore cadorino non lascia allievi né figli capaci di perpetuarne il talento nei decenni successivi. Al figlio Pomponio basteranno soltanto cinque anni per dilapidare tutto il patrimonio di uno dei pittori più ricchi della storia.

​--

Bene! Siamo giunti alla conclusione del quarto capitolo dedicato alle Gallerie dell'Accademia. In questa circostanza vi ho parlato solo di Tiziano, ma il più grande artista del Rinascimento veneto meritava un capitolo tutto suo. Al nostro prossimo incontro affronterò la figura dell'artista che più di ogni altro è legato a Venezia: Jacopo Tintoretto. Mi soffermerò anche sul rapporto, spesso conflittuale, con il suo grande rivale: Paolo Veronese.
A presto quindi, con il nuovo capitolo del Blog di ARTIKA!

Articolo a cura di Daniel Buso
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