"Il cigno di Livorno "Modigliani. Italiano. Ebreo. Con queste tre semplici parole Amedeo Modigliani accompagna il suo ingresso al Café La Rotonde di Parigi. L'immagine è quella di un giovane scapigliato, vestito di abiti logori ma affascinante e di bell'aspetto, anzi bello. Così lo descrivono i testimoni oculari: "il cigno di Livorno". Modigliani è un giovane pittore inesperto che dalla provincia italiana si trova catapultato nella metropoli, cuore pulsante delle arti e della letteratura europea. Scende alla Gare de Lyon, la stazione che accolse migliaia di immigrati italiani a partire dalla fine del 1800. Il suo aspetto è quello di un dandy dai modi aristocratici, anche se i suoi vestiti non sono all'ultima moda locale. Al suo arrivo a Parigi, Amedeo gode di una discreta rendita familiare che gli consente di dedicarsi alla sua carriera senza eccessive preoccupazioni. Ma questa serenità lo abbandona rapidamente e così i suoi modi aristocratici sembrano a poco a poco svanire per lasciare spazio alla figura con cui verrà ricordato: un bohémien dallo stile di vita disordinato e trasandato. "Uno stile di vita sempre più rovinoso "La sua parabola personale si compie così, nel volgere di pochi anni, tra Montparnasse e Montmartre, i quartieri che resteranno per sempre impressi nell'immaginario collettivo come l'epicentro della vita artistica parigina. L'alcol entra ineluttabilmente a far parte dell'esistenza di Modigliani e in particolare l'assenzio. La fata verde che esalta i sensi ma corrompe progressivamente l'anima. Amedeo si ritrova a occuparsi principalmente di ritratti. E le sue figure appartengono perlopiù a modelle (professioniste o improvvisate) che si spogliano nei suoi innumerevoli studi pittorici. Le donne posano in atteggiamenti disinibiti davanti all'artista che è capace di farne affiorare lo spirito interiore sulla superficie delle tele e dipingerle come se fossero viste attraverso il vetro deformante di una bottiglia di assenzio. La vita scapestrata del pittore italiano si svolge nella capitale francese accanto ai più grandi nomi della pittura mondiale del Novecento. Picasso, Matisse, Chagall, per varie ragioni confluiscono a Parigi dove impongono rapidamente la propria firma su ciò che di meglio ha da offrire l'arte contemporanea. Modigliani li conosce, soprattutto Picasso, ma la sua amicizia si lega in particolare agli artisti che più ne condividono l'eccentricità e lo stile di vita dissoluto. Il primo è Soutine, un ebreo in fuga dai pogrom nell'Europa dell'Est, maleodorante e sgarbato. Molti gli aneddoti che accompagnano la sua vita: dal fatto che non si fosse mai cambiato la giacca all'età di trent'anni, fino alla scoperta assai tardiva dello spazzolino. L'altro grande amico di Amedeo è invece Maurice Utrillo, un francese dal cognome spagnolo e figlio di Suzanne Valadon, pittrice di discreto successo. Maurice sembra sia alcolizzato fin dall'infanzia quando la nonna, per calmarlo, gli somminista vino assieme al più convenzionale latte. Utrillo vive tutta la vita sul confine sottile tra il genio lucido e la follia ospedaliera, trascorrendo molti mesi in traumatiche strutture ricettive per malati di mente. Dei due artisti sopracitati il nostro pittore non condivide l'infanzia dolorosa. Amedeo infatti cresce all'interno di una famiglia della borghesia livornese e, nella sua permanenza in Italia, non subisce nessuna discriminazione per il fatto di essere ebreo. Ma in Francia è un'altra cosa. Le finanze di Modigliani non sono più così stabili, gli ebrei in certi ambienti non sono ben visti e in diversi episodi il pittore si rende conto di come quella religione, di cui non è mai stato fervente devoto, possa provocargli ostilità e antipatie. Ciò che compromette irreversibilmente la salute di Amedeo è però l'indifferenza della comunità parigina nei confronti della sua arte. Una ostilità che è in qualche caso diffidenza ma nella maggior parte dei casi indifferenza. Questo crea una frattura nello spirito dell'artista portandolo ad assumere uno stile di vita sempre più rovinoso. "Maledetto! E maledetta è la sua esistenza "Gli amici di bevute, Soutine e Utrillo, raggiungono un ampio successo in vita. Modigliani, come è noto, brancola nel buio dell'indifferenza generale. Il pittore riceve l'onore di un'unica mostra mentre è ancora sulla terra. Siamo nel 1917 e la gallerista è la celebre Berthe Weil. La mostra dura solo qualche ora: il motivo ufficiale delle chiusura è l'oltraggio alla morale pubblica. I quadri vengono rapidamente coperti dalle forze dell'ordine con teli neri. Berthe tenta una strenua linea di difesa affermando che anche al Louvre molti corpi sono nudi. Il commissario di polizia le risponde che i nudi del museo francese non hanno i peli pubici bene in vista. I corpi ritratti da Modigliani hanno forme morbide e angolose, colli da cigno e grandi occhi da statua greca e, in molti casi, i peli pubici dipinti con tono disinibito e audace rispetto alla rigida morale del tempo. Le sue figure sono accattivanti e portatrici di un'intensa sensualità. Non sono rappresentazioni rigidamente realistiche, ma è proprio il tocco personale e onirico che attribuisce maggiore magnetismo ai suoi corpi. Modigliani viene chiamato "Modì" dagli amici francesi. Un nomignolo che in francese può essere scritto anche così: maudit. Traduzione letterale: maledetto! E maledetta è la sua esistenza, composta da luci e ombre. Una vita segnata da una malattia presa in tenera età, la meningite tubercolare, che si aggraverà nel corso degli anni anche a seguito delle scelte dissolute del nostro protagonista. "La felicità è un angelo dal volto serio ""La felicità è un angelo dal volto serio". Citando le parole dello stesso Modigliani, andiamo alla scoperta del suo amore estremo. La protagonista è Jeanne Hébuterne, devota amante fino all'estremo sacrifizio (come rievoca il testo inciso sulla sua lapide). Pittrice talentuosa, giovanissima, dagli occhi sperduti e intensi. L'incontro tra Jeanne e Amedeo dà il via ad un periodo di illusoria pace e tranquillità. L'amore è eccezionalmente intenso e da esso nascerà Giovanna, seconda figlia di Modigliani, ma prima ad essere riconosciuta dal padre. Parallelamente si aggrava però la salute del pittore e le sue svariate dipendenze modulano sempre più in negativo il suo già instabile carattere. Il gennaio del 1920 è il più nero. Modigliani ha 37 anni, 10 in più del mitico club di Rock Star. Muore il giorno 24 di quel mese. Maledetto di nome e di fatto lascia la terra senza il successo di cui avrebbe meritato di godere almeno un po' mentre era in vita. E invece eccolo lì il successo, inaspettato e subdolo, arriva mentre un folto pubblico di artisti e intellettuali accompagna il feretro. In coda qualcuno mormora, si vendono quadri e disegni a centinaia di franchi. Cifre destinate ad essere terribilmente moltiplicate nel giro di pochi decenni. All'alba del giorno dopo i funerali, l'amata Hébuterne si lascia cadere dal piano più alto della casa dei genitori e muore portando con sé il secondo figlio ancora in grembo. La morte improvvisa, il tragico suicidio di Jeanne, ancor più doloroso forse della morte di Amedeo, sono sulla bocca di tutti a Parigi. Il mito si è costruito in poche ore. Tutti vogliono Modigliani. Il debole pittore livornese, che pochi giorni prima molti disprezzavano e la maggior parte ignoravano, è ora tra gli artisti contemporanei più ambiti. E così riposa nel cimitero Père Lachaise di Parigi, vicino a Molière, Oscar Wilde e all'icona rock con cui condivide la vita dissoluta: Jim Morrison. Articolo a cura di Daniel Buso
Per un più ampio approfondimento sulla figura di Modigliani consigliamo la lettura di "Modigliani. L'ultimo romantico" di Corrado Augias.
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Daniel BusoStorico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA Archivi
Dicembre 2024
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