"La fragilità degli esseri umani di fronte alle forze della natura"Una delle serie più ampie di Steve McCurry lo vide impegnato nell’illustrazione di uno dei più imprevedibili e implacabili eventi atmosferici della terra: il monsone. L’immagine più rappresentativa del fenomeno ambientale è un diluvio torrenziale, ma il fotografo intese indagare e rappresentare il monsone in tutte le sue variegate manifestazioni: dalle inondazioni alle tempeste di polvere. La serie è diventata così una dettagliata analisi del terribile monsone e, al tempo stesso, un modo per descrivere le vite di coloro in grado di sopravvivergli e contrastarne gli effetti più distruttivi. Fin dal suo primo viaggio in India (1979-1980) McCurry iniziò a studiare il monsone (dall’arabo mawsim che significa “stagione”). Questo fenomeno atmosferico si abbatte su di un’ampia area geografica che comprende la costa orientale del subcontinente indiano, la Cina, le Filippine, l’Australia. Gli eventi ad esso correlati sono piogge torrenziali o siccità (a seconda delle stagioni), provocati dal contrasto termico tra aree continentali e aree oceaniche. Nella mente di McCurry il progetto fotografico si concretizzò a partire dalla primavera del 1983. L’inizio fu un viaggio nello Sri Lanka, a maggio. Il programma, data l’imprevedibilità del monsone, venne lasciato flessibile: “non ha senso dedicare tante energie alla messa a punto di piani dettagliati. Preferisco arrivare in un posto, immergermi nella sua atmosfera e poi spostarmi seguendo il corso degli eventi”. Da giugno a settembre il fotografo risalì l’India verso nord, allo scopo di seguire il monsone fino all’Himalaya e in Nepal. “Quando venivo a sapere che il monsone era arrivato in una certa regione, mi imbarcavo su un aereo e lo raggiungevo. Qualunque cosa facessi, quando cominciava a piovere lasciavo perdere e correvo fuori a scattare foto. Dovevo mettermi in moto subito perché la fase più intensa delle precipitazioni dura solo qualche minuto”. Le condizioni tecniche per la realizzazione degli scatti furono a dir poco estreme. McCurry dovette concentrarsi nell’impedire che le macchine fotografiche si bagnassero; inoltre, molte immagini furono catturate mentre il fotografo si trovava immerso nell’acqua fino al petto. Per realizzare molte immagini rappresentative McCurry si spinse al limite, evidenziando la fragilità degli essere umani di fronte alle forze della natura e rivelando, al tempo stesso, l’illusorio senso di sicurezza che prova il fotografo quando vede il mondo attraverso il filtro del suo obiettivo. "Cogliere l'opportunità"La serie sul monsone continuò a svilupparsi in diversi centri come Varanasi, nell’India settentrionale, Delhi. In queste grandi città l’imperturbabilità dei locali di fronte al fenomeno spinse McCurry ad affermare: “solo allora mi resi conto che non stavo fotografando un disastro naturale, ma un evento che si ripeteva ogni anno”.
Dopo la visita delle zone inondate dagli acquazzoni, la troupe si trasferì in regioni aride, come il deserto del Thar nel Rajasthan. McCurry attraversò l’area a bordo di un taxi scassato e si soffermò su una zona dove non pioveva da tredici anni: “per chilometri e chilometri, tutt’intorno si formò un’enorme muraglia di polvere che si muoveva come un’onda di marea e che alla fine ci avvolse in una spessa nebbia”. Il fotografo interruppe la sua marcia e si mise ad osservare un gruppo di donne e bambini. Costoro si strinsero reciprocamente per ripararsi dalla sabbia e dalla polvere, “cantavano e pregavano e a malapena riuscivano a reggersi in piedi”. La fotografia scattata in questa occasione è tra la più celebri di McCurry. La perfetta rappresentazione di un principio che l’artista ha sempre seguito nel corso della sua lunga attività: ovvero essere sempre presenti a se stessi, avere piena consapevolezza del luogo in cui ci si trova, senza pensare al luogo in cui si è diretti. Cogliere l’opportunità! E celebrare, nel breve tempo di un’istantanea”, tutta l’irripetibile magia dell’uomo o della natura. La foto vene realizzata ben prima dell’avvento del digitale e McCurry poté controllare il suo operato solo molte settimane dopo, al suo rientro negli Stati Uniti. Le donne per proteggersi si erano chiuse a cerchio dando vita all’immagine straordinaria di un fiore rosso. Articolo a cura di Daniel Buso Per info sulla mostra clicca il pulsante qui in basso
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Daniel BusoStorico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA Archivi
Gennaio 2024
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