"Un popolo le cui caratteristiche peculiari sono a rischio di estinzione"Da quando la Cina ha annesso il Tibet, circa cinquant’anni fa, i tibetani hanno lottato per mantener vive le proprie tradizioni. Durante la Rivoluzione Culturale, in particolar modo, migliaia di templi, monasteri e uffici governativi sono stati distrutti. Nonostante le devastazioni e l’incremento della schiacciante presenza cinese, la maggior parte delle persone persevera nelle proprie usanze tradizionali. McCurry ha viaggiato nei territori tibetani fin dal 1989 documentando la società di un popolo le cui caratteristiche peculiari sono a rischio estinzione. Il popolo e i luoghi incontrati hanno avuto su McCurry un effetto profondo nella comprensione e nella documentazione delle culture antiche e il suo rapporto con questo paese si è trasformato presto da professionale in passionale. Otto sono i suoi viaggi in Tibet, assidua frequentazione che gli ha permesso di diventare uno degli osservatori più attenti delle dinamiche locali. “Una delle cose che mi sorprende di più del popolo tibetano”, racconta “è la devozione al buddismo, che ha mantenuto nonostante tutti gli eventi dell’ultimo secolo”. Durante il suo primo viaggio, a causa di disordini a Lhasa prima del suo arrivo, McCurry non ottenne il permesso di accedere alla città e ripiegò su Shigatse, seconda città per importanza, dove si trova il monastero di Tashi Lhunpo. Nel 1999, McCurry trascorse tre mesi nel paese e poté finalmente fermarsi a Lhasa per visitare il palazzo del Potala, un monastero buddista ora trasformato in museo. Poteva viaggiare, all’interno del paese, più liberamente di quanto fosse stato possibile una decina di anni prima, fotografando pellegrini al monastero di Gyantse e altrove e presenziando alla fiera equina annuale di Tagong, nelle praterie del Kham nel Tibet orientale. Qui trovò più interessante la varietà di persone che assistevano all’evento, rispetto che la festa stessa e immortalò i volti di diversi passanti, fra cui la donna variopinta in oggetto. In tali occasioni McCurry si muove sempre oltre l’evento principale per cercare scene nascoste, ai margini dello spettacolo. Egli è maggiormente interessato ai singoli, piuttosto che alle scene di gruppo, e tale rapporto a due gli permette di rapportarsi in profondità con i soggetti che di volta in volta incontra. "I tibetani saranno sopraffatti completamente, come accadde ai nativi americani"Lo stile dell’immagine, comune a innumerevoli suoi ritratti, prevede che il soggetto sia posto direttamente di fronte alla macchina fotografica, a mezzo busto. Il rapporto con la persona diventa intimo e lo sguardo radente dello spettatore non può che restare soggiogato dall’intensità della composizione.
L’immagine che McCurry ci consegna del Tibet è quasi bloccata nel tempo, un luogo inalterato e ricco di spiritualità. In realtà, come racconta egli stesso, i simboli della cultura occidentale sono sempre più visibili in tutto il paese. I monaci iniziano ad indossare occhiali da sole, si stanno diffondendo tecnologie come la televisione e i cellulari. Nel percorso di modernizzazione del Tibet, McCurry esprime tutta la propria preoccupazione, temendo che “i tibetani saranno sopraffatti completamente, come accadde ai nativi americani negli Stati Uniti”. Però, prosegue McCurry, i tibetani appartengono a un popolo che raramente sprofonda nell’angoscia e nell’inquietudine: “C’è un detto in tibetano: la tragedia dovrebbe essere utilizzata come una fonte di forza. Non importa quante siano le difficoltà o quanto dolorosa sia un’esperienza, il vero disastro accade solamente quando si perde la speranza”. Articolo a cura di Daniel Buso Scopri la mostra "Steve McCurry. Icons" cliccando sul pulsante qui in basso
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Daniel BusoStorico dell'arte e direttore artistico di ARTIKA Archivi
Dicembre 2024
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